Amarcord: Eric Cantona

Preso da: delinquenti del pallone

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No, questa non è una storia come le altre. Non è una storia facile da raccontare, per quanta carne al fuoco ci sia. Ma è una storia che volete sicuramente sentire.

E’ una storia che inizia alla periferia di Marsiglia, città straordinariamente multietnica, e che finisce dall’altra parte della Manica, nel Nord dell’Inghilterra, a Manchester per la precisione. E’ la storia di Eric Cantona, uno che salpato dalla Francia, è salito dalla Regina per diventare Re, per diventare King Eric.

24 maggio 1966: Eric Cantona nasce a Marsiglia, sud della Francia, da padre infermiere e portiere, nonché tifoso sfegatato dell’Olympique di Marsiglia. E, proprio per provare a perpetrare la tradizione di famiglia, gli esordi del giovane Eric nel calcio organizzato sono tra i pali. Già, gli esordi nel calcio organizzato, perchè il giovane Eric per strada a calcio ci gioca come un ossesso, e non si stanca mai. E, se cresci in strada, tra i pali difficilmente ci puoi restare a lungo. Nè tantomeno ci potrà restare un’anima inquieta come quella di Cantona, che così va via dalla porta, spostato sull’ala a correre libero di inventare.

Guy Roux, santone dell’Auxerre e nome di spicco del calcio francese, sente dire che, dalle parti della Provenza, c’è un ragazzino molto forte. Fa già le bizze, ma a quell’età è normale, il carattere va forgiato. E allora Eric prende e parte, destinazione Auxerre, per salire sul vagone del calcio dei grandi. Ma il capostazione non sembra avere intenzione di far partire quel treno verso la gloria, e così, come tante volte accade, Cantona viene mandato a farsi le ossa altrove: Martigues, per la precisione, seconda divisione.

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Ma onestamente, seppur sia ancora acerbo, la seconda divisione sta strettissima ad uno come Eric Cantona, e infatti la parentesi Martigues dura pochissimo: l’Auxerre lo richiama alla base, Eric finalmente esplode, si guadagna anche la sua prima chiamata in nazionale. Il rapporto con la nazionale francese non sarà mai facile, così come quello con i commissari tecnici. E così, dopo poco, litiga con Henri Michel: “Mickey Rourke dice che chi assegna gli Oscar è un sacco di merda. Non giocherò più nella Francia finché Henri Michel sarà il selezionatore.” Nessun problema, ci penserà la Federazione Francese a sospendere Cantona. Eric, anche negli anni a venire, non avrà mai parole tenere nei confronti della Nazionale e della Federazione Francese. A proposito di Domenech, per esempio, dirà: “Credo che Raymond Domenech sia il peggior allenatore del calcio francese da Luigi XVI.” Difficile dagli torto, in questo caso.

Nonostante tutto, nell’estate del 1988, arriva l’occasione che Eric Cantona aspettava:l’Olympique Marsiglia è disposto a tutto per riportare a casa il suo ragazzo. Il ragazzo ci torna, a casa, ma l’aria di famiglia non aiuta a raffreddare i bollenti spiriti. Gennaio 1989, amichevole contro la Torpedo Mosca. Sostituzione, tocca a Cantona uscire. Ecco, il nostro non la prende benissimo: pallone calciato via in tribuna, maglia tolta e buttata sprezzantemente in campo. Il presidente Bernard Tapie, un altro che non aveva un carattere di quelli facili, la prende altrettanto male: “E’ un gesto inqualificabile. Se ce ne sarà bisogno lo rinchiuderemo in una clinica psichiatrica“.

Non lo rinchiuderanno in clinica, ma da Marsiglia lo mandano via: viene spedito in prestito prima al Bordeaux, poi al Montpellier. Qui, altro piccolo incidente di percorso. Discussioni interne allo spogliatoio, come se ne vedono tante dalla prima categoria alla serie A. Parole pesanti, mani addosso, ma come al solito Cantona va oltre: calcio volante dritto e preciso sul volto di Jean-Claude Lemoult.

Mezza squadra vuole che sia messo fuori rosa, devono intervenire due leader spirituali della squadra come Laurent Blanc e Carlos Valderrama per impedirlo. Perchè sanno che il talento è lì ed è tutto da vedere, e ad uno come Eric Cantonanon vuoi rinunciare nemmeno se ogni tanto scapoccia di brutto. A uno come Eric Cantona non puoi rinunciare perchè poi infatti il Montpellier vincerà la Coppa di Francia.

L’OM si rassegna: Cantona è questo, in campo è un fenomeno, e dobbiamo tenerlo con noi. E’ il 1990 ed Eric torna a Marsiglia. Purtroppo, neanche stavolta scocca la scintilla. Cantona litiga anche con il nuovo allenatore, Raymond Goethals (che aveva sostituito Franz Beckenbauer, si) che raggiungerà la finale di Coppa dei Campioni. Finale che Cantona, oramai ai margini, guarda in televisione. E nessuno ci toglierà il pensiero che quella sera Eric abbia tifato, come un matto per di più, per la Stella Rossa.

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A fine stagione, la dirigenza è costretta a cederlo. Stavolta, destinazione Nimes. Ma, anche qui, stessa storia. Dicembre 1991, Nimes-Saint Etienne. Eric non è d’accordo con una decisione del direttore di gara, e decide che per oggi basta così. Prende il pallone, lo scaglia addosso all’arbitro e se ne va negli spogliatoi senza nemmeno aspettare il provvedimento disciplinare. Per la fredda cronaca si, era un cartellino rosso.

In commissione disciplinare, quando si discute il suo caso, decide di fare l’avvocato di se stesso. Apostrofa ogni singolo membro della Commissione con l’appellativo di “idiota”, a gran voce. 2 mesi di squalifica, lui risponde dicendo che a calcio non ci vuole giocare proprio più. “Ho avuto il privilegio di assistere al mio funerale“, dichiara, e se ne va. Si dedica all’arte, alla pittura in particolare. Personalità multiforme se ce n’è una.

Ma il richiamo del campo è troppo forte, e Cantona è ancora troppo giovane per restare chiuso in casa a dipingere con un pennello in mano. Può ancora dipingere con i piedi. Michel Platini, all’epoca tecnico della nazionale francese, e uno dei pochi abitanti del globo terracqueo ad avere il privilegio di poter ricondurre Cantona a più miti consigli, lo convince a ripensarci. Ma in Francia non c’è più posto per Cantona, e dunque gli tocca attraversare la manica. Destinazione Leeds.

Qui, guida la squadra alla conquista del titolo nel 1992, segnando 3 reti e mandando ripetutamente in porta il bomber della squadra, Lee Chapman. Nel novembre 1992, però, arriva l’offerta del Manchester United, 1 milione e 200 mila sterline. Una cifra anche piuttosto contenuta per uno con quel talento, una cifra che Sir Alex Ferguson è disposto ad investire, anche se è ovviamente al corrente dei problemi disciplinari del ragazzo.

L’investimento verrà ripagato. Inizialmente, però, Sir Alex ci tiene a pungolare e stimolare il ragazzo: “Mi chiedo se tu sia abbastanza bravo per giocare ad Old Trafford“. Secondo voi, la risposta di Cantona si è fatta attendere? No, assolutamente. “Mi chiedo se Manchester sia abbastanza per me“. Risposta legittima, visto il talento del ragazzo, che aiuta i Red Devils a scrivere pagine importanti della loro storia. 4 Premier League e due Coppe d’Inghilterra, 64 gol in 143 partite con la maglia rossa dello United, rigorosamente con l’inconfondibile colletto rosso alzato. E anche un’infinità di cartellini gialli e rossi.

Una volta ha anche la malaugurata idea di scatenare una rissa in casa del Galatasaray, ad Istanbul, non proprio una terra di santarellini. Viene espulso per insulti all’arbitro, nel tunnel degli spogliatoi riesce a farsi menare da un poliziotto. Fuori dal campo, Eric dà spettacolo almeno quanto ogni volta che indossa le scarpette. Non si nega una battuta su nulla, dal calcio al ciclismo, dalla politica alla filosofia.

Il pallone è come una ragazza: prima gli piace essere accarezzata e poi violentemente sbattuta

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Il meglio, però, continua a darlo sul terreno di gioco. Perlomeno fin quando non parte l’embolo. Qui arriviamo all’immagine che è ben piantata nel cuore e negli occhi di tutti noi. Selhurst Park, casa del Crystal Palace, 25 gennaio 1995. Cantona viene espulso per aver colpito Richard Shaw, difensore del Palace che era in campo solo ed esclusivamente per provocare Eric. Mica fessi, loro. Fin qui, ordinaria amministrazione, tranquillo pomeriggio in ufficio per il nostro. I tifosi del Palace, però, ringalluzziti, insultano Eric che sta uscendo dal campo. Uno più degli altri, in verità. Si chiama Matthew Simmons, è un simpatizzante dell’estrema destra e non ha una fedina penale propriamente limpida.

Immaginiamo che comunque a Cantona questo non interessasse, o perlomeno non ne fosse al corrente, sul momento. Gli insulti di Simmons sono abbastanza comuni: “Francese figlio di puttana“, pare. Ma Cantona con le cose comuni non vuole avere nulla a che fare. Il padre gli aveva insegnato a colpire per primo. Ed Eric ascolta i consigli paterni, e parte. Va, verso Simmons, si libra in volo e, magicamente, incredibilmente, con un colpo di kung fu straordinariamente complesso, difficilissimo da elargire considerata la distanza e gli steward che ostacolano i due, colpisce al volto il tifoso del Palace.

Una scena mai vista, un qualcosa di assolutamente inconcepibile per i canoni del calcio inglese che si stava riprendendo a fatica dalle tragedie sugli spalti degli anni ’80 e dalle scorribande dei temibili e famigerati – per gli altri- hooligans. Era un calcio a tutto il thatcherismo e a tutto quello che l’Inghilterra aveva fatto per combattere la violenza negli stadi di calcio. L’attacco arrivava dall’interno. Ed è per questo che Cantona divenne immediatamente un mostro sui giornali, alla radio, in tv.

Mano pesante. Giustizia ordinaria (due settimane di prigione che diventano 120 giorni di servizi sociali) e giustizia sportiva ( 8 mesi di squalifica dai campo) ci vanno giù dure. Ma ci va giù duro anche Cantona, contro giornali e giornalisti colpevoli di essersi avventati come avvoltoi sulla sua storia, di averlo trasformato in un mostro.

Quando i gabbiani seguono il peschereccio è perché pensano che verranno gettate in mare delle sardine.

Il Manchester United quel campionato, passato senza che i tifosi dei Red Devils potessero intonare al loro beniamino quel coro “oooh aaaah Cantona”, lo perderà. Eric torna in campo nell’ottobre 1995 e aiuta di nuovo lo United a tornare sul tetto della Premier nella stagione 1995/96, chiusa con il double con la FA Cup. FA Cup che alzò lui al cielo, primo capitano straniero di una squadra inglese a farlo. Il quarto titolo di Cantona con il Manchester United arriverà nella stagione 1996/97, nella quale fa da anello di congiunzione tra il vecchio United e la nuova generazione di fenomeni: Beckham, Scholes, Neville. Dopo quella stagione, si ritirerà. Ma, nel cuore dei tifosi, Cantona ci resterà a lungo.

Sono molto orgoglioso che i tifosi cantino ancora il mio nome allo stadio, ma ho paura che un domani loro si fermino. Ho paura perché lo amo. E ogni cosa che ami, hai paura di perderla.

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Cantona non è stato solamente un calciatore particolare, è stato un universo intero. E, anche quando ha appeso gli scarpini al chiodo, ha continuato a far parlare di sè. Escursioni nel cinema, dove recita la parte di se stesso nel film “Il mio amico Eric”, nella politica, quando, nel bel mezzo della crisi finanziaria, invita i francesi a ritirare tutti i propri risparmi dalle banche (e non è detto che qualcuno non abbia ascoltato questo consiglio), nel ruolo di dirigente sportivo ai New York Cosmos. Che sia rimasto nel cuore dei tifosi, lo spiega la sua elezione a calciatore del secolo, nel 2001, da parte dei tifosi del Manchester United. Uno come Eric Cantona dai cuori fa fatica ad uscire.

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